Per editori predatori si intendono, generalmente, piccoli/medi editori "pseudo scientifici" che utilizzano l'Open Access per il loro business, pubblicando i risultati delle ricerche condotte dagli scienziati dietro il pagamento di una tariffa, senza garantire una reale peer review.

Ovviamente questo processo può dare origine a pubblicazioni di bassa qualità scientifica e se questo può risultare evidente ad un esperto della materia, rischia di non essere altrettanto chiaro per un comune lettore.

L’Università degli Studi del Piemonte Orientale, negli ultimi mesi del 2018, ha segnalato un articolo della Süddeutsche Zeitung nel quale si riferisce che più di 5000 scienziati tedeschi hanno pubblicato i loro contributi di ricerca in pubblicazioni discutibili. Le università tedesche hanno reagito con vari mezzi alle segnalazioni sull'aumento degli studi in pseudo-journals e alcune di esse offrono ora seminari per informare sui pericoli di tali offerte.

Nella scienza, infatti, nonostante il mantra "pubblicare o perire", la qualità delle pubblicazioni è ancora più importante della loro quantità. Le riviste predatorie nella comunità scientifica non godono di alcuna reputazione, che si acquisisce nel corso di anni, se non di decenni.

Anche altri autori tendono a ridimensionare il fenomeno. L'articolo di Olijhoek e TennantThe "problem" of predatory publishing remains a relatively small one and should not be allowed to defame open access ribadisce che il "caso editori predatori" è di minore portata rispetto alla strumentalizzazione che ne viene fatta a discapito del movimento Open Access.

Lo stesso punto di vista espresso da Tennant è rintracciabile anche nell'articolo I predatori della scienza: colpa dell’Open Access o della valutazione bibliometrica? nel quale si tende a smontare completamente l'idea che "l’open access sia la causa del proliferare dell’editoria predatoria".

Un articolo che mette in discussione il sistema editoriale nel suo insieme è invece quello di Olavo B. Amaral All publishers are predatory – some are bigger than others.

Un altro dei punti in discussione, rispetto al tema delle riviste predatorie, è quello che si chiede quanto la garanzia di una veloce pubblicazione dietro pagamento possa trovare terreno fertile negli attuali meccanismi di valutazione. La motivazione è da ricercare nel fatto che, affidandosi a strumenti quantitativi, possano accrescere la pressione sui ricercatori i quali, pur di avere una ricerca pubblicata nei modi e tempi richiesti dal sistema, possano rischiare di imbattersi in un "predatore".

Esistono diverse liste di riviste ed editori predatori quali la Bell's List e la lista Stop Predatory Journals ma più che affidarsi a generiche black list, più o meno politicizzate, è preferibile (e suggerito) consultare le white list, come quella fornita da un servizio accreditato quale DOAJ per non incrociare editori discutibili.


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